Altra flash.
Yes, of course:
altra Pliroy
ただいま*
In aereo non era riuscito a dormir praticamente niente.
E, oltretutto, adesso aveva anche il trauma che a Montreal fosse ancora
mattina, quando ogni fibra del suo corpo – e dei suoi ritmi circadiani -
reclamava insistentemente la quietezza e il tepore della notte.
Non sarebbe sopravvissuto, pensò, nel momento in cui – ritirata la
propria valigia al nastro – si diresse verso le porte scorrevoli, ignorando il
cellulare che continuava a vibrare nella tasca dei suoi pantaloni. Era
all’incirca il millesimo messaggio che JJ gli mandava, dove gli faceva la
telecronaca dei suoi spostamenti minuto per minuto.
The King of my heart (e, no: non era stato lui a salvarlo
con quello stupido nomignolo ma il diretto
interessato e lui non erano stato più capace di modificarlo): Sono al semaforo
The King of my heart: Sono all’aeroporto J
The King of my heart: Mi sei mancato tantissimo <3 o:p="">3>
The King of my heart: Non vedo l’ora di rivederti *sfilza
di cuoricini*
The King of my heart: Ho preparato i pirozhki per
pranzo (brivido di terrore da parte di
Yuri)
The King of my heart: Ti amo
The King of my heart: Micetto?
The King of my heart: Sto parcheggiando
The King of my heart: Ho parcheggiato
The King of my heart: Yuri T_T?
Aveva sorriso lievemente, mentre si tirava su il cappuccio della felpa -
in quell’abitudine che non aveva mai perso negli anni – perché anche attraverso
quei messaggi, quelle parole scritte, JJ gli trasmetteva quel senso di casa, di
appartenenza, di calore …
Quel qualcosa di cui aveva un disperato bisogno nel momento stesso in
cui, al gate di imbarco a San Pietroburgo, aveva salutato gli altri. E più il
suo tono era scontroso e più il suo sguardo truce nel momento in cui Mila se lo
stava spupazzando, più stava a significare quanto, in cuor suo, era triste e
quanta fatica doveva fare per ricacciar indietro le lacrime.
Era sempre così, quel senso di malinconia assurda che lo assaliva nel
momento del commiato, tra chi restava e chi andava. Oltretutto, questa volta
c’era anche l’aggravante che quel volo l’avrebbe fatto da solo, e non con JJ.
Così c’era stato il trauma sia alla partenza dal Canada – e lasciare JJ
per due settimane, che questa volta a causa del lancio di una sua nuova linea
non aveva potuto seguirlo – sia adesso, al ritorno. Sì, perché – solitamente –
si rannicchiava su quegli scomodi sedili degli aerei, troppo scomodi per le sue
gambe ormai lunghe, per accoccolarsi sul petto di Jean, affondando il viso
sull’incavo del suo collo a respirarne il suo odore così ben conosciuto, per
rasserenarsi e lasciarsi coccolare dall’altro senza tanto protestare, chiuso in
un silenzio dai mille significati.
Questa volta, però, questa sorta di rito calmante non c’era stato e,
proprio per questo, si era ritrovato costretto a tenersi stretto-stretto il
peluche di un tigrotto che gli avevano regalato i suoi cari al momento dei
saluti, continuando a lanciare occhiate dai chiari intenti omicidi al bambino
seduto davanti a lui che seguitava a girarsi, incuriosito sia da quel ventenne
abbarbicato al suo pupazzo gigante, sia da quello stesso Tigro gigante e dall’aria
così invitante.
Ovvio, era felicissimo di ritornare a casa dal suo innamorato, ma – al
tempo stesso – era sempre così straziante lasciar quelli che erano altrettanto
dei suoi affetti carissimi …
Era stato più o meno a metà dell’Oceano Atlantico, che Yurio si era
asciugato l’ultima lacrima tirando su col naso, riguardando le foto che aveva
scattato in quelle due settimane di permanenza in Russia ma anche quelle che lo
ritraevano in compagnia di JJ e sorrise. Un primo piccolo, esile sorriso
apparve sulle sue labbra. Quelle foto li ritraevano in tutta una serie di loro
piccole quotidianità e, come ogni volta, quasi si stupì nel vedere come il suo
volto fosse così sereno …
In particolar modo, si era soffermato su di una loro foto che li ritraeva
distesi in divano, mentre lui scattava e Jean, un po’ a tradimento, un po’ per
gioco, gli aveva schioccato un bacio a sorpresa sulla guancia fissando
l’obiettivo.
Aveva accarezzato il display del telefono, sospirando.
Stava tornando a casa …
Il telefono vibrò per l’ennesima volta, e lui lo ignorò.
Se solo non l’avesse fatto …
Se solo non l’avesse fatto sarebbe stato pronto allo spettacolo che gli apparve
agli occhi quando oltrepassò le porte a vetri che separavano la zona degli
arrivi all’area dove si raccoglievano coloro i quali erano andati a prendere i
loro cari.
Rimase pietrificato, togliendosi i Ray-Ban scuri per esser certo di aver
visto giusto, fermo là come uno stoccafisso, Tigro sottobraccio.
- J … JJ … d-dimmi che non è vero … - sussurrò attonito.
Sì, perché il suo fiancè, aveva
avuto la geniale idea di andarlo a prender in aeroporto con uno di quei vestiti
da carnevale, tutti d’un pezzo e di peluche, che lo ritraevano nelle fattezze
di un leone. Un leone alto un metro e ottanta, che si stava sbracciando tutto
felice, con tanto di cartello in mano con su scritto il suo nome e vari disegni
stilizzati del suo volto, in formato di gattino ovviamente.
Prima di iniziare ad insultarlo, abbassò per un istante il volto, per
ricacciar indietro la risatina che gli saliva alla gola. Erano queste le cose
che lo avevano fatto innamorare di JJ. Quelle piccole accortezze nei suoi
confronti, che lo facevano sentir sempre così speciale …
Perché sapeva, Jean, quanto triste era per il suo piccolo tigrottino
lasciar la sua terra natia ogni volta, e volevo farlo sentir subito a casa.
- Sei imbarazzante, smettila! – gli ringhiò contro Yuri, nel momento in
cui lo prese per una manica, rossissimo in volto, lo trascinò via a forza dalla
folla – Ci stanno guardando tutti. –
- Ci stanno facendo anche delle foto, se è per questo. – pensò bene di
rincarar la dose JJ, che iniziò a fare ciao
ciao con la manina in direzione di quelle fotografie.
- HAH?! – fu la sua replica sconvolta, mentre continuava la sua cacciata.
- Yuri, amore, te l’avevo scritto sul messaggio che ero quello vestito da
leone, se non mi avessi visto. – ridacchiò, abbracciandolo da dietro e
poggiandogli il mento sulla spalla, nel momento in cui si trovavano davanti
alle porte ancora chiuse dell’ascensore, nel silenzio di quel piccolo antro.
Il biondo poggiò le mani sulle sue, socchiudendo gli occhi.
- Mi sei mancato … Tanto … - sussurrò appena, piegando di poco il volto,
per poter strofinare la punta del naso sulla guancia di JJ.
- Bentornato. – replicò Jean, posandogli un bacio lieve sulle labbra.
- Tigrottino? –
- Sì? – quasi stava facendo le fusa, appagato e felice, con la schiena
appoggiata al petto di JJ, che seguitava a tenerselo stretto stretto anche una
volta saliti in ascensore.
- C’è anche il tuo vestito. Da micetto. – e già se la stava ridendo della
grossa sotto i baffi.
- Muori! -
Era indubbiamente tornato a casa.
FINE
E niente, scritta sul treno di ritorno dal Cartoomics. Esperienza maGGica
come sempre
Claud
*so
benissimo che è giapponese ^^, ma il suo suono mi è sempre piaciuto fin dalla
prima volta che l’ho sentito
ただい: Sono a casa
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